Si resta ammirati e quasi e quasi sconvolti dalla linea omiletica del Papa. Francesco non sceglie la via della minaccia, della scomunica, della condanna morale, dell’appello “contro”. Il suo intento è quello di parlare a tutti, anche ai mafiosi. Li chiama “fratelli e sorelle” e li invita a conversione, non a motivo del giudizio finale, ma dell’inconsapevole spreco della vita. Qui Francesco si fa “siciliano”, opponendo il mito dell’onore e della bellezza dell’amore (“Oggi abbiamo bisogno di uomini e di donne di amore, non di uomini e donne d’onore”); l’esistenza piccola, giocata attorno ai “piccioli”, alla “vita bella”, donata nella diaconia umile e liberante, che salva e ristora (“Il denaro e il potere non liberano l’uomo. Dio non esercita il potere per risolvere i mali nostri e del mondo. La sua via è quella dell’amore umile: solo l’amore libera dentro”); la litania della prepotenza e della vendetta (“Tu non sai chi sono io”; “Me la pagherai”) al riconoscimento radicale del bisogno dell’altro e di Dio (“Ho bisogno di te”; “Signore, aiutami ad amare”); il mito della vittoria della forza e della furbizia (la famosa “spirtizza” siciliana) all’esistenza vincente perché aperta e amante: “cari fratelli e sorelle! Io dico a voi, mafiosi: se non fate questo, la vostra stessa vita andrà persa e sarà la peggiore delle sconfitte”.
Giovanni Salonia, Antonio Sichera, Postfazione. La sedia rotta e le caviglie stanche, in Papa Francesco. Anch’io sono del Sud. Viaggio in Sicilia per il XXV Anniversario del martirio del Beato Pino Puglisi, Libreria Vaticana Editrice, 2019