Il meccanismo dello scontro “modernismo-antimodernismo” – che è scontro Stato/Chiesa – non lascia spazio ad altro. Introducendo uno schema di “scontro” tra teologia e cultura moderna, esso determina il tramonto di ogni possibile cordialità: sia di quella soggettiva di cui la teologia sia capace, sia di quella oggettiva di cui cultura sia all’altezza. […] Giovanni Salonia si è liberato di questo schema, e ha lavorato in campo teologico con schemi psicologici e in campo psicologico con schemi teologici. E lo ha fatto non per “corrompere” le due discipline, ma per stare all’altezza di una psicologia non modernistica e di una teologia non antimodernistica. Questa scommessa è ben presente in tutto ciò che Giovanni Salonia ha prodotto, in questi decenni di attività religiosa, psicologica e teologica. Nel suo modo di leggere la tradizione cristiana e cattolica non cade mai nella trappola di ridurre la fede a un “contenuto”. E propone continuamente una strategia feconda e innovativa: accetta di lavorare con “evidenze psicologiche” in campo teologico e con “evidenze teologiche” in campo psicologico. Questo intreccio determina un profondo rinnovamento del linguaggio e dell’approccio, che si colloca nell’alveo di quell’aggiornamento e di quello stile che il Concilio Vaticano II ha richiesto, già 55 anni fa, alla Chiesa Cattolica. Anche p. Giovanni, non solo biograficamente, ma culturalmente ed ecclesialmente, è un figlio del Concilio, da cui ha imparato il linguaggio della parrhesìa e lo stile della misericordia.
Andrea Grillo, La teologia come soggetto e come oggetto di cordialità, in in Scritti in onore di Giovanni Salonia, Avere a cuore, a cura di Valeria Conte e Antonio Sichera, Ed. San Paolo 2019, pag. 162