Some contents or functionalities here are not available due to your cookie preferences!

This happens because the functionality/content marked as “Facebook Pixel [noscript]” uses cookies that you choosed to keep disabled. In order to view this content or use this functionality, please enable cookies: click here to open your cookie preferences.

Gesù non ha requie. Tutta la scena del giardino è segnata da un continuo movimento escursivo tra la preghiera al Padre e la relazione con i discepoli. Al Padre chiede ascolto, agli amici compagnia. Ma pare non trovare né l’uno né l’altra. E’ umanissima questa figura di un condannato a morte che va da un capo all’altro dell’orto, lacerato e inquieto, quasi diviso tra Dio e gli uomini, tra il Padre e i suoi, tra il cielo e la terra. Eppure in questo moto continuo Gesù ripropone, dentro il paradosso di Getsemani, il senso profondo della sua esistenza. Tutta la sua vita è una tensione, vitale e benedetta, fra Colui dal quale al Giordano si è sentito chiamare e condurre e quelli che gli sono stati affidati lungo il cammino. Gesù ha sposato la causa di Dio sposando sino in fondo la causa degli uomini. Mai le due istanze per lui sono state divise, mai si è pensato fuori della compagnia umana, e ha sempre inteso questo dimorare con noi come il senso profondo del suo essere “uscito” dal Padre. […] La novità di Getsemani è, se mai, la pena di questa fedeltà quando ci si trova nella distretta e ci si sente divisi, quando si vorrebbe trovare pace in una nuova integrazione e invece bisogna sbattere e piegarsi, pagare il prezzo dell’abbandono e del silenzio per essere fedeli alla direzione prima ed ultima della propria vita. Quel Gesù di Nazareth che aveva compiuto nella serenità dell’amore la sua danza fra il cielo e la terra, ora è portato e costretto dall’angoscia a fare la spola per avere riposo. Ma nessuno risponde: “Non sapevano cosa rispondergli”. In questo senso l’orazione di Getsemani  è il primo esempio di una vera “preghiera del cuore”. Nella notte e nel silenzio Gesù ripete sempre le stesse parole, al Padre, come a Pietro, Giacomo e Giovanni. Sono quelle “poche parole” che aveva raccomandato sin dall’inizio ai suoi discepoli come il segreto dell’orante e che qui uniscono , con il loro suono sempre uguale, il suo Dio e i suoi amici.

Antonio Sichera, Fino alla fine. Meditazioni su Getsemani, ed. Il pozzo di Giacobbe, pagg.93-95

Su questo sito Web utilizziamo strumenti di prima o di terzi che memorizzano file di piccole dimensioni (cookie) sul dispositivo. I cookie sono normalmente utilizzati per consentire al sito di funzionare correttamente. I Cookie tecnici, per generare rapporti sull'utilizzo della navigazione cookie statistici e per pubblicizzare adeguatamente i nostri servizi / prodotti e i cookie di profilazione. Possiamo utilizzare direttamente i cookie tecnici, ma hai il diritto di scegliere se abilitare o meno i cookie statistici e di profilazione. Abilitando questi cookie, ci aiuti a offrirti un'esperienza migliore. Cookies policy Privacy policy

Some contents or functionalities here are not available due to your cookie preferences!

This happens because the functionality/content marked as “%SERVICE_NAME%” uses cookies that you choosed to keep disabled. In order to view this content or use this functionality, please enable cookies: click here to open your cookie preferences.