Cosa era avvenuto ai tempi di Noè? Che si erano dimenticati dell’attesa. Dimenticando di attendere si diventa smemorati di Dio e, a poco a poco, si diventa smemorati del fratello. Ai tempi di Noè avevano perso l’attesa, vivendo come se tutto si potesse concludere in un attimo, senza che questo significasse maggiore attenzione all’altro. Ora fra di loro si uccidevano, si ubriacavano, avevano perso il senso della vita. Ma Dio dona l’arca. L’arca di Noè è il dono di un’attesa: tutti periscono e l’arca è la speranza di un mondo nuovo. L’arca della fraternità che attraversa la tempesta, attraversa tutte le difficoltà per andare avanti. Il Signore ci vuole dire che l’attesa è la più grande forza che c’è nella vita. Quando un uomo è in attesa, i sacrifici, le stanchezze diventano un motivo di più, un motivo che “arricchisce” l’attesa. “Ti sto aspettando. Anche se piove, anche se c’è freddo, io ti aspetto”: è la dichiarazione d’amore più forte. Ed è l’amore l’inizio e la fine della storia – ogni storia umana – inizia dall’amore di un uomo e una donna che diventa amore di un figlio. Così inizia la nostra storia: la storia dell’amore di Cristo che, amando la sua Chiesa, ci dà l’Eucarestia, nella quale noi rinasciamo. Come finisce la storia? La storia finisce con l’invocazione dello Sposo e della Sposa. Se leggiamo l’ultima pagina della Bibbia, possiamo cogliere tutto l’amore dell’attesa. Come finisce la Bibbia? Marana thà: “Vieni, Signore Gesù!” Ricordiamocelo, ripetiamolo continuamente: Signore, vieni! Siamo qui! Ti aspettiamo!
Giovanni Salonia, Le sua braccia sempre aperte. Omeli dalla sapienza di vita, ed. Il Pozzo di Giacobbe, Giugno 2011, pagg. 13-14