… Essi [i due ciechi di Gerico] così non solo chiedono la vista, ma chiedono di avere un segno che indichi che il Messia è lì, dinnanzi a loro; che colui che è stato capace di fermarsi al grido dei due poveri ciechi è colui che il popolo attende. Essi non chiedono solo di uscire dalla condizione di disagio fisico ed economico, ma di vedere la speranza che per anni hanno portato nel cuore: la venuta del Messia. Del resto non chiedere subito la guarigione (ma rimettersi alla bontà di Gesù) è segno che non necessariamente ciò di cui avevano bisogno era la guarigione. “Abbi pietà di noi” chiedono! Come a dire: tu conosci ciò di cui abbiamo bisogno, tu sai che i poveri non hanno bisogno solo di ciò che chiedono, tu sai che i poveri non sempre sanno chiedere ciò che a loro realmente serve. Questo passaggio permette di comprendere che nel rapporto con i poveri occorre capire che tipo di grido è il loro: bisogna essere come una madre con un bimbo… I poveri, come i bambini – e come le Scritture Sacre – hanno bisogno di essere interpretati, studiati. Hanno bisogno di un orecchio musicale che sappia distinguere, anche dietro le stonature, la melodia che cercano di costruire. Ciò significa per noi imparare il linguaggio dei poveri… per poi poterlo parlare. Gaetano La Speme, L’incontro che cura. Gesù, noi, gli ultimi, ed. Il pozzo di Giacobbe, Trapani 2017, pagg. 83-84
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