Rifiutare la condizione umana è il peccato delle origini, intese non solo in senso cronologico ma anche – e soprattutto – in senso teleologico: ogni ribellione contro il limite e contro il dolore deriva da tale rifiuto delle nostre origini “umane”. Ed ecco che si apre la strada che porta all’accettazione: “Solo se sappiamo attraversare la notte del non comprendere secondo la logica umana; solo se deponiamo la pretesa saccente di indicare a Dio ciò che deve fare, di volergli insegnare il suo mestiere di Padre, solo allora lo incontriamo nella sua verità e misericordia”. In una sintesi potente, leggiamo: “Gesù […] non è venuto per spiegare la Croce, ma per distender visi sopra […]. La vita di Gesù non è una marcia trionfale: conosce la fatica, il sudore, la delusione, l’angoscia, il tradimento, l’ingiustizia, il dolore , la morte”. Nessuna spiegazione potrà placare le domande insistenti e ossessive di chi soffre o riuscirà ad attutire la ribellione di chi sente la vita accanirsi contro di lui. La risposta al dolore e alla morte è una relazione. E la relazione che il Padre ci offre per il nostro dolore è la compagnia del Figlio, nostro fratello, che poteva evitarsi il dolore e la morte, ma li ha attraversati lottando ma anche continuando a fidarsi e ad affidarsi a un Padre di Amore e di Misericordia.
Giovanni Salonia, Presentazione, in Giuseppe Costanzo, Quando il dolore bussa alla porta. Riflessioni sulla malattia e la sofferenza, Euno Edizioni, Palermo 2018, pagg. 11-12