L’annuncio del Vangelo esige l’incarnazione, che vuol dire il prendere carne della parola. Ciò non può accadere senza il corpo delle donne e degli uomini che il Vangelo raggiunge, nella concretezza dei loro vissuti, nel battito vitale del loro cuore. “Bisogna conoscere il cuore degli uomini – diceva Paolo VI – per annunciare il cuore di Dio”. Nei secoli la teologia si è fatta introdurre alla condizione umana dalla filosofia, così come più recentemente gli studiosi della Bibbia si sono fatti aiutare dalle scienze del testo per collocare nella realtà della storia le narrazioni della Scrittura. Oggi probabilmente viene richiesto uno scarto alla riflessione biblica e teologica. Si tratta di una epistemologia della radicale umanità, dove questi saperi ritrovano la loro specificità in un ascolto non di facciata o presuntuoso della storia e della vita quotidiana di tutti. Una spoliazione che riporti la teologia e lo studio della Scrittura al loro principio originario, il loro essere un racconto sempre rinnovato delle concrete vicende di popoli e di persone, il loro essere piantate nella vita di Gesù di Nazareth che si prolunga nell’esistenza del suo corpo vivente nel mondo. È lì che si imparano la Bibbia e la teologia, chiamate ad una ermeneutica ‘cordiale’, che ascolti di nuovo il cuore umano mettendosi umilmente accanto a quegli uomini e a quei saperi che da più di un secolo fanno la fatica di questo ascolto. L’antropologia sottesa alla pratica clinica può oggi rappresentare una strada. Non una antropologia clinica predittiva e universalizzante, che ritenga di avere una chiave per giudicare o interpretare i vissuti umani (è la via inutilizzabile delle epistemologhe analitiche), ma bensì una antropologia fenomenologica – quella della Terapia della Gestalt – che rispetti l’ecceità dei singoli e veda nella fiducia nel corpo, nel cuore e nella relazione la strada maestra di una psicoterapia clinica contemporanea, costituita ‘dal basso’, a partire dalla inoggettivabilità della vita. Da qui può nascere una proposta di rilettura dei grandi orizzonti biblici e teologici in un contesto culturale che ha bisogno urgente di racconti che interpretino ed uniscano la nostra dispersa fatica quotidiana.
Antonio Sichera